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Le “fabbriche di instabilità”

sono una categoria esplicativa che abbiamo modellato per interpretare le vicende che si dipanano attorno ai nodi geopolitici caratterizzati da un elevato grado di complessità.

Le “fabbriche di instabilità” possono essere pensate come una sorta di magnete che attrae e amplifica le situazioni di crisi. Attorno a un polo di tensione intensa si generano dinamiche che tendono a implodere più che ad attenuarsi.

Con la loro forza destabilizzante le vicende che si dipanano all’interno di uno o più temi di rischio deformano lo spazio mettendo in discussione regole ed equilibri e, come un peso che crea un avvallamento nel piano, fanno precipitare verso di sé gli scenari “contigui”. Senza una forza contraria in grado di spegnere queste forze la massa cresce e brucia dentro di sé i vecchi equilibri. Come un buco nero impedisce di guardare all’interno richiamando sempre più energia così una fabbrica di instabilità tende a coinvolgere in modo devastante anche le realtà e le situazioni che hanno cercato di rimanere ai margini degli avvenimenti.

In queste “fabbriche” si forgiano i fattori geopolitici che interagiscono con le variabili economiche; dobbiamo, infatti, rassegnarci all’idea di un mondo meno stabile e al tempo stesso estremamente permeabile a una pluralità di fattori esogeni che possono alterare, al pari delle grandezze finanziarie e macroeconomiche, l’andamento dei mercati e delle economie reali.

In questo contesto le probabilità di generare rischio sistemico vengono esaltate così come aumenta la plausibilità degli eventi di coda. Questi ultimi, anzi, lungi del presentarsi secondo una probabilità indipendente e marginale si accrescono in una coltura che fa lievitare enormemente la possibilità di una loro manifestazione in forma catastrofica.

 
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